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Storia Contemporanea
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Sulla barricate del Risorgimento: il vicentino Domenico Cariolato e la sua amicizia con Garibaldi
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Sulla barricate del Risorgimento: il vicentino Domenico Cariolato e la sua amicizia con Garibaldi
L’articolo traccia un profilo della vita del vicentino Domenico Cariolato (1835-1910), figura emblematica e potente della stagione risorgimentale. Già insignito di medaglia di bronzo al valor militare, per un eroico atto compiuto a dodici anni durante l’assedio di Vicenza del 1848, fu costantemente al fianco di Giuseppe Garibaldi nelle imprese più importanti dell’epopea risorgimentale. Combatté giovanissimo nella difesa della Repubblica Romana. Nel 1860, partecipò nel contingente dei 34 vicentini della spedizione dei Mille. Si distinse anche nell’impegno civile, politico e sociale: per decenni fu tutore dell’asilo di Bertesina, inaugurato nel 1870, e voluto per accogliere bambini poveri e figli di contadini. Si spense settantacinquenne, a Roma, dove negli ultimi anni prestò servizio per la Casa Reale.
Antonio Toaldi, patriota e deputato
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Antonio Toaldi, patriota e deputato
Nel regime repressivo austriaco instauratosi progressivamente dopo il Congresso di Vienna, la fede risorgimentale del giovane Antonio Toaldi si nutre degli esempi eroici dei moti romagnoli e dei fratelli Bandiera. Il saggio delinea i tratti della personalità e della vita dell’illustre scledense, a partire dall’antica famiglia di origine e dal clima politico in cui muove i primi passi. Nato nel 1826, ancora studente universitario aderisce attivamente ai moti del 1848. Il 25 aprile combatte con i fratelli Arnaldo e Clemente Fusinato e altri 300 cittadini al Pian delle Fugazze;un mese dopo partecipa alla difesa di Vicenza, attaccata dal generale Radetzki. Si laurea a Padova nel 1850, ma per fuggire dalle persecuzioni austriache ripara in Piemonte e si affilia alla “Giovane Italia” di Giuseppe Mazzini, su incarico del quale si reca nell’inquieta Ungheria. Catturato dagli austriaci a Semlino viene condannato alla fucilazione, pena poi definitivamente commutata in cinque anni di duro carcere che compromettono la sua salute. Le vicissitudini continuano anche dopo il rientro in Italia, nel 1857, dapprima a Udine e poi a Torino. Nel 1866 è a Salò, dove organizza come comandante del deposito dei “Cacciatori del Garda” i volontari garibaldini. Nell’Italia postunitaria continua il suo impegno civile e politico, come parlamentare, per dieci legislature, fine alla morte. Una lapide sulla casa natale e una via di Schio a lui intitolata, ne tengono ancor oggi viva la memoria.
Le Società di Mutuo Soccorso a Piovene Rocchette tra fine '800 e primi '900
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Le Società di Mutuo Soccorso a Piovene Rocchette tra fine '800 e primi '900
Nella prima metà dell'Ottocento l'Italia passò dalle Corporazioni alle S.O.M.S (Società Operaie di Mutuo Soccorso), associazioni fondate sulla mutualità, caratterizzate dall'assenza di fini di lucro, dalla solidarietà, dall'autogestione dei fondi sociali e dalla moralità dei soci. Fra le attività assistenziali troviamo la corresponsione di pensioni, sussidi, aiuti finanziari. Le S.O.M.S, organizzate soprattutto nel Nord del paese tra fine Ottocento e inizio Novecento, non hanno avuto un’origine esclusivamente laica, in qualche caso si sono formate per iniziativa del clero più attento alle esigenze dei tempi. Verso la fine dell'Ottocento nacque la Società di Mutuo Soccorso di Piovene Rocchette, suddivisa tra soci effettivi (esercenti una professione, tra i 15 e i 45 anni, che pagavano una quota mensile), onorari (pagavano la quota ma non avevano diritto al sussidio) e benemeriti (esonerati dai pagamenti). Un socio, se responsabile di immoralità, offese o mancanza di doveri, veniva espulso. Le cariche sociali erano: Presidente onorario, Presidente, Vice Presidente, Consiglio Direttivo, Commissione di Vigilanza, Comitato di Sindaci, Comitato di Arbitri, Segretario Amministrativo, Cassiere, Esattore, Portabandiere, supplente. Le Assemblee generali e straordinarie prevedevano un dibattito che anticipava la votazione. Alcune Società, come quella di Piovene Rocchette, effettuarono infine un servizio di trasporto funebre per i soci.L’attività della Società di M.S. di Piovene, dopo alcuni cambiamenti negli anni ‘30, proseguì la sua attività fino all’inizio degli anni ‘80.
Fabbricatori di carri agricoli in Valleogra
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Fabbricatori di carri agricoli in Valleogra
Con la caduta in disuso dei carri agricoli, ormai conservati solo in alcuni musei, i carrai o carradori, artigiani specializzati, sono sopravvissuti solo in alcuni borghi. Il carro vicentino ha caratteristiche classiche: quattro ruote (quelle posteriori più grandi), un timone, un letto e un sistema frenante. A volte i carri venivano decorati, d’abitudine erano solo dipinti. Sia le ruote sia il carro avevano un preciso procedimento di costruzione, il carro veniva personalizzato in base all'uso e al proprietario e ogni carraio utilizzava tecniche proprie per distinguersi. L’articolo fornisce un elenco di falegnami valleogrini, con un approfondimento sulle famiglie Casato di San Vito di Leguzzano, Nicola Cocco di Monte di Malo e Giuseppe Smiderle di Torrebelvicino. Nel primo dopoguerra alcune aziende di falegnameria, come quella scledense di Luigi Dalla Via, si convertirono alla realizzazione di carrozzerie per mezzi più moderni.
Chiesa di Monte di Malo: l'esaltazione di San Giuseppe nel ciclo pittorico del professor Napoleone Girotto
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Chiesa di Monte di Malo: l'esaltazione di San Giuseppe nel ciclo pittorico del professor Napoleone Girotto
A Monte di Malo, nel 1882, giunse don Gaetano Montanaro. Egli si spese molto per la costruzione di una nuova chiesa parrocchiale, che fu completata nel 1909. Il parroco desiderava anche che l’edificio fosse decorato con un ciclo di affreschi dedicati alla figura di S. Giuseppe. Così, si rivolse a Napoleone Girotto, pittore famoso nella zona. L’artista dipinse le scene della vita del santo con una particolare attenzione agli usi e ai costumi della Terrasanta, che aveva visitato. All’interno della chiesa, il Girotto affrescò anche altri episodi della Bibbia, come, ad esempio, le vicende di Noè, Isacco, Mosè e Giobbe.
Le immagini della memoria. Scorci di vita piovenese tra Ottocento e Novecento
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Le immagini della memoria. Scorci di vita piovenese tra Ottocento e Novecento
Le fotografie raccolte documentano la vita a Piovene tra l’ottocento e il novecento e ne raccontano la storia. La prima foto, risalente al 1821, raffigura Via Maggiore, odierna via Vittorio Emanuele II, prima dei lavori di ristrutturazione. Nella seconda foto è rappresentata la vita nella piasséta (Piazza Vecchia) negli anni ‘30. L’articolo, col supporto di altre immagini, descrive lo stile di vita dell’epoca: l’utilizzo della “Fontana de sora”, la storia della giasara (ghiacciaia) comunale oppure quella di edifici come la chiesetta della Madonna di Lourdes e Villa Benetti. Vengono , inoltre, ricostruiti i fatti più importanti per il territorio, tra cui la nascita e lo sviluppo della Lanerossi - e, di conseguenza, la vita degli operai - ma anche di eventi più traumatici. Sono presenti, infatti, diverse immagini a testimonianza della Grande Guerra. Nella raccolta si trova anche una foto che raffigura il primo automobilista di Piovene-Rocchette, Gaetano Rossi, sulla sua Peugeot “4 places À moteurs deux chev
Le fornaci di Malo e dintorni: un profilo storico-evolutivo
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Le fornaci di Malo e dintorni: un profilo storico-evolutivo
Il saggio ripercorre le tappe storiche e l’evoluzione della tecnica di lavorazione dell’argilla, dapprima utilizzata come materiale da costruzione e, dal Neolitico, anche per la produzione di oggetti in terracotta. A Malo, San Vito di Leguzzano e Villaverla, una ricca toponomastica e numerosi cognomi riferibili a questa attività, ne attestano la presenza fin dal Cinquecento, mentre a partire dal secolo successivo ci sono pervenute documentazioni ufficiali sulle numerose fornaci attive. La fase di maggior sviluppo della laterizia si ebbe tra Ottocento e la prima metà del Novecento, periodo che vide in funzione ben 21 fornaci nel territorio di Villaverla, Malo, S. Tomio e San Vito di Leguzzano. Alla crescita numerica si accompagnò lo sviluppo della tecnica di lavorazione, anche attraverso il deposito di brevetti – come nel caso della Fornace Lanuzzi di Malo. Ma fu proprio la conseguente crescita di produzione a determinare, già a partire dal 1912, i primi segnali di crisi del settore che implose a seguito del Primo conflitto mondiale. La fase di ricostruzione postbellica trainò la ripresa negli anni Venti. Nella seconda metà del Novecento si imposero metodi di produzione più spiccatamente industriali, favoriti anche dal boom economico del secondo dopoguerra. Nella fase più recente, alle cicliche crisi economiche del settore, si è contrapposta la concentrazione, la specializzazione e la diversificazione produttiva delle imprese.
Valle dei Mercanti a Torrebelvicino. Storia di una contrada scomparsa
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Valle dei Mercanti a Torrebelvicino. Storia di una contrada scomparsa
L’articolo descrive le immediate conseguenze della frana staccatasi dal monte Varolo, che distrusse la contrada Mercanti di Torrebelvicino nel marzo 1901.Si considerano quindi le reazioni della comunità, gli interventi delle autorità pubbliche come riportato dai quotidiani dell’epoca.Si ripropone quindi per esteso un articolo della Gazzetta di Venezia che commentava l’accaduto, accompagnato da considerazioni di carattere geologico.In appendice si riporta il testo della relazione dell’ingegnere del Distretto sulle possibili cause del movimento franoso.
Il ponte della ferrovia Rocchette-Asiago
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Il ponte della ferrovia Rocchette-Asiago
La ferrovia Rocchette-Asiago, attiva dal 1910 fino al 1958, comprendeva un ponte in ferro ad arcata negativa sospeso a 70 metri sul fiume Astico. La sua costruzione avvenne tra il 1906 e il 1909 e fu curata dalla ditta Bianchi-Steiner & C. di Milano. Negli anni ‘50 tuttavia la crescente motorizzazione iniziò a sottrarre passeggeri e merci ai treni della ferrovia, ragione per cui, il 31 luglio 1958, fu sancita la chiusura di quest’ultima, ponte dell’Astico incluso. Dopo numerosi sopralluoghi, il materiale ferroso del ponte fu giudicato scadente e facile al logorio: il 9 dicembre 1966 questo venne dunque abbattuto. Durante il crollo precipitarono tremila quintali di ferro, che andarono a fracassarsi nel greto del fiume trascinandosi dietro alberi e sassi come una frana. Al giorno d’oggi, percorrendo il viadotto di Sant'Agata, collegamento recentemente costruito fra le sponde dell'Astico, si scorge ancora in piccola parte ciò che rimane della maggior opera eretta per il servizio della ferrovia Rocchette-Asiago.
Ndar col caval de San Francesco (cioè a piedi) ovvero i trasporti a Schio tra i due secoli
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Ndar col caval de San Francesco (cioè a piedi) ovvero i trasporti a Schio tra i due secoli
Si tratta l’evoluzione dei mezzi di trasporto a Schio tra ‘800 e ‘900, cominciando dall’esposizione di quelli che sono i mezzi di trasporto tradizionali manuali della vita agreste, utilizzati per il trasporto del bestiame, dei prodotti dell’agricoltura o delle persone stesse. Si illustra poi l’instaurazione della linea ferroviaria Schio-Vicenza a fine ‘800 e del servizio automobilistico a inizio ‘900, vengono inoltre menzionate le leggi su cavalli e carrozze, le prime linee servite dalle autovetture e una gita avventura sempre grazie ai mezzi pubblici. Si parla poi del conte Almerico da Schio, con un breve resoconto biografico, e della sua “aeronave”, spiegando i tentativi di costruire un mezzo volante nel corso dei secoli, le innovazioni avvenute e il primo volo di questa aeronave. Si riportano poi l’importanza della bicicletta nella vita comune e le testimonianze di alcune persone riguardo i mezzi di trasporto, industriali e comuni;infine si riportano i proverbi della zona riferiti ai mezzi di trasporto.
Fabbriche dell'Alto Vicentino a servizio dell'Esercito durante la Grande Guerra
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Fabbriche dell'Alto Vicentino a servizio dell'Esercito durante la Grande Guerra
L’entrata in guerra del 24 maggio 1915 coinvolge nelle forniture all’esercito italiano, non solo le grandi industrie tessili dell’Alto Vicentino, ma anche una serie di imprese minori, soprattutto attive nel settore del legno, della metallurgia e della meccanica, in totale circa una sessantina. Queste ultime - come le scledensi Gregori di Magrè, la Metallurgica Scledense, la Schiro, la Bianco, le maranesi Berto e Costa, e la piovenese Guerrino Rigoni - erano impegnate prevalentemente nella produzione di ordigni, tramite la ditta Laverda di Breganze che fungeva da capocommessa. Fornitori diretti furono invece la Silvio De Pretto di Schio, le Industrie Meccaniche Maranesi e la Fratelli Berto di Marano Vicentino, la Scortegagna di Piovene Rocchette. Del tutto singolare fu la vicenda della Segheria Peron di Schio. Il titolare Antonio Peron subì un processo e una condanna per truffa ai danni dell’Esercito, che subentrò, in conseguenza di ciò, nella gestione dello stabilimento per la produzione di baracche e garitte prefabbricate. La parte finale dello studio approfondisce la vicenda dello stabilimento Luigi Dalla Via di Schio, segnata dalla chiamata alle armi del titolare il 15 novembre 1916.
La chiesa parrocchiale di S. Giuseppe a Monte di Malo
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La chiesa parrocchiale di S. Giuseppe a Monte di Malo
Il 30 aprile 1882 don Gaetano Montanaro arrivò a Monte di Malo, trovandosi di fronte a un clima di generale miseria e sfiducia a causa di una terribile crisi economica che aveva colpito tutto il Veneto, portando numerose famiglie ad emigrare verso le Americhe. A Monte di Malo, anche la chiesa di San Sebastiano versava in uno stato di degrado, in quanto costruita su un terreno cedevole e dunque soggetta a crolli frequenti. Don Montanaro decise quindi di far spianare la collinetta su cui sorgeva la vecchia chiesa e di costruirne una nuova di tasca sua. Furono comunque elargite numerose offerte. Nel 1893 fu posta la prima pietra di quella che sarebbe diventata la chiesa di San Giuseppe e nel 1897 venne celebrata la sua prima messa. Nel 1911 papa Pio X si congratulò per mezzo di una lettera con don Montanaro per il suo operato.
Malo e le sue fornaci: 1800-1850
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Malo e le sue fornaci: 1800-1850
Lo studio mette in luce il ruolo cruciale delle fornaci per la produzione laterizia nella crescita economica e industriale della città di Malo tra il 1800 e il 1850. Vengono esplorati gli aspetti legati all'organizzazione del lavoro, alle vie di comunicazione con le zone limitrofe, all'arretratezza tecnologica, al commercio della legna, oltre che di panni, seta, vino;insieme alle colture, come il frumento, trovano spazio nell’articolo anche l'alimentazione e l'allevamento, principalmente di bachi da seta, buoi, pecore e cavalli. Attraverso fonti storiche e testimonianze, viene approfondita la conoscenza della produzione laterizia di fabbriche e fornaci, unitamente all’indagine sulle precarie condizioni igieniche ed ambientali e sulla condizione sociale. L'analisi rappresenta uno strumento per indagare aspetti rilevanti a cavallo tra la storia industriale, l'economia locale e la vita sociale dell'epoca.
Falegnami, bottai, carrai di San Vito di Leguzzano
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Falegnami, bottai, carrai di San Vito di Leguzzano
Per la lavorazione del legno, in particolare nella zona di San Vito di Leguzzano, vengono scelte numerose specie arboree. Prima di entrare nella bottega del falegname la pianta subiva diverse lavorazioni. Inoltre dalla metà dell'Ottocento le segherie ricorrevano alla forza idrica convogliata in una roggia: le cosiddette segherie ad acqua. È presente nell’articolo un elenco delle diverse segherie della zona, un elenco dei bottai e sono segnalati i falegnami e le loro botteghe. Alla fine del 20° secolo si assiste alla meccanizzazione del mestiere che sostituisce la maggior parte degli attrezzi impiegati, dei quali è presente un elenco ed una descrizione dettagliata. Si precisa infine che i falegnami si orientavano a produrre attrezzi per il lavoro agricolo ma in particolare eccellevano nella realizzazione delle botti, di cui si descrive la modalità di costruzione.
Guido Fusinato (1860-1914), "una vittima della Grande Guerra"?
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Guido Fusinato (1860-1914), "una vittima della Grande Guerra"?
Lo studio traccia il profilo di Guido Fusinato (1860-1914), figlio secondogenito di Arnaldo, noto poeta e patriota risorgimentale scledense. Laureatosi brillantemente, appena ventenne, in giurisprudenza e dopo un periodo di perfezionamento in Germania, abbraccia la carriera universitaria come docente presso le università di Macerata, Torino, pubblicando inoltre numerosi scritti giuridici. Il 1892 vede l’inizio del suo impegno politico, con l’elezione alla Camera dei Deputati. Diviene poi, nel 1899, sottosegretario agli Affari esteri, affrontando numerose questioni che coinvolgono il Paese sul fronte europeo e mediterraneo;é poi Ministro dell’Istruzione Pubblica nel terzo governo Giolitti, carica da cui deve dimettersi tuttavia dopo un breve periodo, a causa di frequenti episodi di “neurastenia”. L’aggravarsi delle sue condizioni di salute, e probabilmente l’angosciante serie di eventi che scatenano il Primo conflitto Mondiale, sono alla base del suicidio che tragicamente pone fine alla sua vita, nel 1914.
La località Bivio e Piovene. Marcite, soldati e il rito contadino della "Chiamata di Marzo"
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La località Bivio e Piovene. Marcite, soldati e il rito contadino della "Chiamata di Marzo"
La località "Bivio" di Piovene Rocchette, alla confluenza delle strade provenienti da Schio e Thiene, fu testimone di antiche vicende e ancestrali riti rurali. La vicina Fontana della Guarda, in Contrà della Mare, attestata fin dal 1606, determinò con i suoi scoli la natura acquitrinosa della zona sottostante, il "Prà della Mare" di proprietà di Giulio Bonifacio. Nel Seicento fu la sede delle esercitazioni della Milizia Territoriale della Serenissima, che la comunità piovenese sosteneva con 140 soldati di età compresa tra 18 e 34 anni. Sull'altura soprastante, il "Prà del Posso", si teneva il rito propiziatorio rurale della "chiamata di marzo" riferita in particolare dal piovenese Egidio Mozzi a fine Ottocento e perpetuatasi fino alla Prima Guerra Mondiale, allorquando la zona del Bivio fu occupata da baraccamenti militari. Incerta, per altro, è l'origine etimologica del termine "Mare" che taluni in passato hanno ricollegato alle pratiche militari (da “Campo di Marte”), ma che probabilmente, secondo più recenti orientamenti, deriverebbe invece dalla natura acquitrinosa del luogo (da "marcita"). Lo studio si conclude con uno sguardo attuale ai luoghi citati, profondamente mutati rispetto al passato, nei quali campeggia il monumento alla prima automobile immatricolata in Italia nel 1893, da Gaetano Rossi, figlio del più celebre Alessandro.
La progettata ferrovia Schio-Malo. Un cinquantennio di inutili tentativi
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La progettata ferrovia Schio-Malo. Un cinquantennio di inutili tentativi
Questo articolo ripercorre gli inutili tentativi da parte dei comuni dell’Alto Vicentino, soprattutto Malo e Schio, di costruire una ferrovia di collegamento. Nella prima parte, viene descritto il primo e respinto progetto degli ingegneri Luigi Casara e Giovanni Battista Saccardo, illustrando le relative spese da parte delle singole amministrazioni e della provincia insieme alle modifiche necessarie del territorio. Dopo un breve accenno all’idea di Olinto De Pretto per la linea Venezia-Brennero che avrebbe incluso questo tratto, viene esposto il nuovo progetto di Giovanni Letter che prevedeva che il percorso passasse per Magrè e non Liviera (anche questo respinto). E’ presentato, infine, il progetto di Filippo Zanetti per la tratta Vicenza-Schio-Rovereto. A causa, però, di una profonda modifica della legislazione sulle ferrovie e tramvie venne abbandonata ogni speranza.
Il monte Pasubio, la Strada delle 52 gallerie e l'Ecomuseo della Grande Guerra
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Il monte Pasubio, la Strada delle 52 gallerie e l'Ecomuseo della Grande Guerra
Nell’articolo viene descritto il massiccio del Pasubio a partire dall’etimologia e dalla sua struttura e posizione. Si tratteggia inoltre l’importanza che ha rivestito nella Grande Guerra, soffermandosi in particolare sugli eventi avvenuti sul massiccio stesso. Vengono inoltre descritte la costruzione, la struttura e lo scopo della Strada delle 52 Gallerie, opera della 33’ Compagnia Minatori del V Reggimento Genio. Viene in seguito presentato l’Ecomuseo della Grande Guerra delle Prealpi Vicentine, la sua istituzione e i lavori svolti per realizzarlo. Viene dunque esposto il progetto di recupero e valorizzazione della Strada delle 52 Gallerie tramite il progetto del nuovo ingresso monumentale. Si illustra poi il restauro del Museo della Prima Armata, realizzato nell’ex residenza estiva del Vescovo di Vicenza, e dotato di una sala multimediale.
Alessandro Rossi e il controllo dei media nell'Ottocento. Il caso de "Il Tempo" di Venezia
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Alessandro Rossi e il controllo dei media nell'Ottocento. Il caso de "Il Tempo" di Venezia
Nella seconda metà dell’Ottocento, Alessandro Rossi, imprenditore, politico e giornalista fu il principale riferimento del ceto dirigente italiano e un chiaro esempio di management della comunicazione. Tra le diverse testate giornalistiche del tempo da lui finanziate, emblematico è il caso de “Il Tempo” di Venezia, scelto da Rossi per la propensione verso i temi del lavoro e dell’economia. Il saggio, attraverso documenti originali, ne ripercorre la vicenda editoriale ponendo in luce l’influenza esercitata dalla figura dell’industriale scledense, attraverso anche le relazioni epistolari con il direttore Roberto Galli. La gestione editoriale e finanziaria del quotidiano veneziano è caso emblematico del sistema attraverso il quale Rossi influenzava l’attività e le opinioni dei giornali da lui finanziati.
Alla scoperta di alcune piante officinali della nostra montagna: girovagando nei pascoli di Malga Prà e dintorni nel Comune di Valli del Pasubio
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Alla scoperta di alcune piante officinali della nostra montagna: girovagando nei pascoli di Malga Prà e dintorni nel Comune di Valli del Pasubio
Le piante sono state usate per secoli a scopo terapeutico per lenire il dolore e curare le malattie sia dell’uomo che degli animali e di ciò vengono riportate, cronologicamente, le testimonianze raccolte nell’area esaminata. Vengono poi esposte le informazioni specifiche, le proprietà e l’utilizzo attuale di Achillea, Alchemilla, Betulla, Chelidonia (nello specifico si tratta della Chelidonia maggiore), Edera, Equiseto (o coda cavallina), Fragola, Ginepro, Iperico, Nocciolo, Ononide, Ortica, Piantaggine, Pino Silvestre, Rovo, Sambuco e Tarassaco.
Sui registri civili della parrocchia di S. Maria Annunziata di Marano Vicentino nel sec. XIX
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Sui registri civili della parrocchia di S. Maria Annunziata di Marano Vicentino nel sec. XIX
In questo articolo Alberto Graziani espone il suo lavoro di salvaguardia dei registri civili parrocchiali presenti a Marano. Sostiene infatti la necessità di rendere digitali tutte queste raccolte di dati riguardanti nati, matrimoni, morti, per non perderne le importanti informazioni. L’autore ritiene che i documenti parrocchiali trasmettano dati di vitale importanza per quanto riguarda la storia di Marano e che quindi salvarli sia un dovere da parte della comunità;si impegna anche a spiegare come si realizzi questa operazione di digitalizzazione e racconta del lavoro condotto in collaborazione con l’associazione ARSAS e altri volontari.
Gli alpini del Val Leogra tra i "monti di casa" nella Grande Guerra
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Gli alpini del Val Leogra tra i "monti di casa" nella Grande Guerra
Nel corso della Prima Guerra Mondiale (1915-1918) ha operato in Valleogra l'omonimo Battaglione Alpini, composto in gran parte da vicentini, conoscitori del territorio interessato dal conflitto. Il saggio, attraverso documenti, diari e scritti dei protagonisti, ricostruisce le azioni e le vicende del reparto alpino: l'occupazione del Monte Pasubio, le azioni in Val di Terragnolo, il ripiegamento in Val Posina nel 1916 sotto la spinta austriaca della Stafexpedition e, infine, l'avanzata in Vallarsa.
Da Ascoli alla Val Posina. La Guerra del fante Settimo Damiani.
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Da Ascoli alla Val Posina. La Guerra del fante Settimo Damiani.
Settimo Damiani, classe 1890, narra nel suo diario le vicende belliche del primo conflitto mondiale, vissute in prima persona. Originario di Acquaviva Picena, poi emigrato negli Stati Uniti, rientra in Italia allo scoppio della guerra e si arruola come fante, nella Brigata “Roma”. è dapprima sul fronte caldo della Strafexpedition, sul Monte Maio, poi, dopo una convalescenza tra gli ospedali militari di Schio e Vicenza, torna al fronte in Valsugana, con la Brigata “Siena”. Finisce poi a Caporetto dove viene fatto prigioniero dagli Austriaci e rinchiuso in un lager, da cui esce, dopo un duro periodo, solo a fine conflitto. I suoi scritti offrono uno spaccato realistico e a volte crudo della guerra, vista dalle truppe, senza l’enfasi della propaganda ufficiale. Damiani verrà congedato nell’agosto del 1919 e dopo essersi sposato nel natio paese marchigiano, torna nell’Illinois, dove ancor oggi vive la sua famiglia.
San Vito di Leguzzano ai tempi del Risorgimento
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San Vito di Leguzzano ai tempi del Risorgimento
Nel periodo successivo alla caduta delle Repubblica di Venezia, nel 1797, San Vito di Leguzzano visse l’alternanza di potere tra Francesi e Austriaci, che infine prevalsero, a partire dal 1815, con la costituzione del Regno Lombardo Veneto. Si susseguirono una serie di eventi significativi, che portarono anche a nuove aggregazioni comunali, con la conseguente perdita dell’autonomia. Il saggio ricostruisce alcuni eventi significativi per la comunità sanvitese dell’epoca: l’unione di San Vito con Leguzzano, la successiva perdita dell’autonomia conseguente all’unificazione con Malo, il ritorno all’autonomia nel 1815, l’istituzione del catasto e dell’anagrafe comunale che permise di registrare le dinamiche demografiche della popolazione, spesso condizionate da carestie, carenze alimentari, epidemie e precarie condizioni igieniche. Gli abitanti erano dediti all’agricoltura, alla lavorazione del legno, della lana e della seta. Alcuni episodi segnarono il periodo a cavallo del 1848, come le azioni di protesta per la destituzione del medico condotto Bartolomei Barbieri, la tromba d’aria del 1832, la caduta del tetto della Chiesa parrocchiale con la morte di 12 persone, l’abolizione dell’antica servitù del pascolo e del pensionatico. Col passaggio al Regno d’Italia, il 30 dicembre 1866, si tennero le prime elezioni comunali.
Fra Santorso e Recanati. L'abate G. B. Dalla Vecchia bibliotecario in casa Leopardi.
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Fra Santorso e Recanati. L'abate G. B. Dalla Vecchia bibliotecario in casa Leopardi.
L’abate Giovanni Battista Dalla Vecchia (1831-1903), santorsiano di nascita, ma con radici per parte paterna a San Rocco (al tempo comune autonomo), viene ordinato sacerdote il 23 dicembre del 1854. Dopo alcuni anni di apostolato a Montecchio Precalcino (VI), verso la fin del 1863 è chiamato come istitutore nella famiglia Leopardi, a Recanati. Fino alla fine del 1868, l’abate Dalla Vecchia è aio del conte Luigi, ma anche amministratore e bibliotecario. Cesserà dall’incarico dopo pochi mesi dalla morte della contessa Paolina Leopardi, sorella di Giacomo, il grande poeta. Il saggio, cui hanno contribuito gli scritti di Umberto Dalla Vecchia (1866-1908) - nipote di Giovanni Battista - ed Alessandro Panajia, indaga i caratteri e i rapporti familiari di casa Leopardi e il ruolo dell’abate nella vicenda della diaspora degli scritti autografi del poeta Giacomo, di cui viene formulata una prima ricostruzione. La personalità di Dalla Vecchia emerge dagli scritti della contessa Teresa Teja, cognata di Leopardi, con cui intrattiene un lungo rapporto e dalla quale riceve l’incarico di collaborare a stendere le “memorie leopardiane”, le “Notes biographiques sur Leopardi et sa famille”, edite a Parigi nel 1881. Lo studio prosegue con un inedito carteggio tra Alessandro Rossi e la contessa Teresa, che fu sua ospite a Santorso, e con le informazioni sugli ultimi anni di vita dell’abate, nel frattempo divenuto parroco “ad interim” di S. Maria di Loreto alle Piane, desunte dal suo “Giornale”. In conclusione, brevi note sulla figura di Umberto Dalla Vecchia, destinatario di alcuni autografi leopardiani e due appendici finali dedicate ad oggetti di Giacomo Leopardi, ricevuti dall’abate, e a tre lettere della contessa Paolina al di lui nipote “Pietruccio”, Pietro Paolo Dalla Vecchia (1856-1940).
Pieve e Torrebelvicino nella Grande Guerra
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Pieve e Torrebelvicino nella Grande Guerra
L’articolo narra la situazione sociale ed economica di Torrebelvicino e Pievebelvicino allo scoppio della Prima guerra mondiale, quindi l’inizio del conflitto e le conseguenze delle battaglie sul Novegno e Pasubio. Vengono quindi illustrate le conseguenze sulla popolazione civile relativamente alla vicinanza con il fronte, alla presenza e all’alloggiamento dei soldati, alla difficile e precaria situazione economica. L’articolo si chiude con i nomi dei cittadini decorati e con un elenco delle modifiche viarie eredità delle esigenze militari.
In sasso vivo. La definizione confinaria tra Piovene e Velo del 1642 e lo stato attuale dei termini
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In sasso vivo. La definizione confinaria tra Piovene e Velo del 1642 e lo stato attuale dei termini
Il 5 dicembre 1642, i governatori di Piovene e Velo, con il notaio piovenese Domenico Bernardi e il “taglia pietra” Antonio Gasparini, effettuano la verifica e il posizionamento dei confini tra le due comunità. Vengono scolpiti sulla nuda pietra, con una croce e le iniziali dei territori confinanti: V (Velo) e P (Piovene). A distanza di quasi quattro secoli, dieci dei tredici termini, originariamente descritti nel verbale notarile seicentesco integralmente trascritto nel saggio, sono stati localizzati, documentati e fotografati. Non sono stati rinvenuti il primo termine, posto in località Croce Calvaria, nei pressi di Piazzale Belvedere di Monte Summano, e gli ultimi due: il dodicesimo, scolpito in località “Menadoro della Val de Roncina” e il tredicesimo posto in località “Contra della Pria Bagara” nei pressi dell’attuale strada provinciale Piovene Rocchette – Velo d’Astico. Quest’ultimo fu probabilmente sostituito con un cippo confinario di epoca più recente.
Grande Guerra: i giornali di trincea e i "giuochi di pazienza"
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Grande Guerra: i giornali di trincea e i "giuochi di pazienza"
Durante la Prima Guerra Mondiale (1914-1918) videro la luce i giornali di trincea, periodici cui contribuirono anche firme illustri come Giuseppe Ungaretti, Curzio Malaparte e Salvator Gotta. Erano stampati e distribuiti alle truppe, a scopo informativo e ricreativo. Tra le rubriche del settimanale L’Astico, che sotto la direzione di Pietro Jahier, vide la pubblicazione di 39 numeri da febbraio a novembre 1918 stampati a Piovene Rocchette, vi erano anche giochi e passatempi di cui si riportano alcuni esempi.
"L'Astico. Giornale delle trincee" (Piovene, 14 febbraio - 10 novembre 1918)
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"L'Astico. Giornale delle trincee" (Piovene, 14 febbraio - 10 novembre 1918)
Dal 14 febbraio al 10 novembre 1918, Piovene ospitò la redazione e la stampa del settimanale "l'Astico". Il periodico, fatto da soldati per i soldati al fronte della Prima Guerra Mondiale, era diretto dallo scrittore Pietro Jahier, che si firma con lo pseudonimo di Barba Piero. Il saggio muove dall'intento di far emergere il carattere del giornale, ne esamina il linguaggio e i contenuti che spaziavano dalla vita del fronte, alla storia locale, alla toponomastica. Don Silvio Solero, cappellano del 5° Reggimento artiglieria da campagna, curò la rubrica “Passeggiate in Val D’Astico”, spazio che ospitò storie, racconti, leggende e curiosità di Piovene e dintorni. Con la fine della Guerra, dopo 39 numeri, Jahier pose fine alla pubblicazione.
Religiosità a Schio tra 1837 e 1867
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Religiosità a Schio tra 1837 e 1867
Nel 1866 la parrocchia di San Pietro di Schio, che corrispondeva al territorio comunale, contava 6610 fedeli. Erano presenti 14 sacerdoti, relativamente giovani, un numero rilevante ma in calo rispetto a quarant’anni prima, ed alcune comunità di religiose femminili: le Suore agostiniane, le Suore della carità e le Suore canossiane. La vita religiosa si concentrava attorno al Duomo di San Pietro e alle confraternite che vi facevano capo. In special modo Alessandro Rossi promosse profondi interventi che ne trasformarono l’aspetto. Figura di particolare rilevanza del periodo fu l’arciprete scledense Gaetano Greselin (1802-1874), ricordato per le iniziative pastorali per il suo tratto riservato e prudente che mantenne anche nel caso delle presunte apparizioni mariane a Sant’Ulderico del 1869. Il nome di Greselin è anche collegato alla vicenda della ricostituzione, avvenuta nel 1851, della Collegiata, “collegio” canonicale scledense soppresso da un quarantennio. Nel 1858, il canonico Ascanio Busati (1814-1894) fu nominato dal vescovo di Vicenza Cappellari a presiedere la vacante prebenda, in sostituzione di don Luigi Gramola. Busati, fu al centro di una “querelle” con il Vescovo Farina, per la sua attività predicatoria, in particolare per un sermone quaresimale pronunciato nel 1864 a Genova in cui aveva invocato la benedizione sul Re d’Italia e auspicato l’unità nazionale. Il prelato subì pesanti conseguenze, ma gli eventi del 1866 e l’annessione del Veneto al Regno d’Italia, lo riabilitarono.
Patrioti veneti e trentini contro austriaci: la difesa del Pian delle Fugazze, della Vallarsa e della Val Leogra nel 1848
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Patrioti veneti e trentini contro austriaci: la difesa del Pian delle Fugazze, della Vallarsa e della Val Leogra nel 1848
Il saggio offre un quadro preliminare sulla primavera del 1848, cruciale per l'Europa e l'Italia, percorse da insurrezioni popolari per la libertà e per miglioramenti socio-economici. La partecipazione e la resistenza dei patrioti valleogrini furono alimentate anche da povertà, oppressione fiscale e tensioni sociali, tanto da rendere ben prima del ‘48 la situazione esplosiva, come era noto alla polizia austriaca, che ebbe un ruolo particolarmente repressivo e negativo sulla popolazione.Nella primavera del ‘48 nascono "Comitati" di patrioti, per garantire ordine e difesa, e "Corpi franchi" per la difesa territoriale, composti da persone con scarsa preparazione e armi carenti. Anche a Trento scoppia una sommossa autonomista, con scontri, barricate e richieste di separazione da Vienna, mentre nel Vicentino molti volontari sono impegnati nella battaglia di Sorio-Montebello.Nell'aprile 1848 viene costituito un corpo di guardia al confine Veneto-Trentino al Pian delle Fugazze, permettendo il controllo dell'area senza resistenza austriaca.Spicca per l’attivismo patriottico la figura di don Michele Saccardo, cappellano del Corpo Franco di Schio. Il 25 aprile 1848, nella battaglia del Pian delle Fugazze, Arnaldo Fusinato guida i “Crociati” contro gli Austriaci, ottenendo la vittoria ma con perdite significative per entrambi gli schieramenti . Per il venir meno degli aiuti la situazione si deteriora portando alla crisi nel comando, Fusinato lascia, mentre gli austriaci cercano di infiltrarsi nelle valli circostanti. L'intervento veneziano è limitato e la difesa diviene autonoma. I combattimenti sul Passo Pian delle Fugazze culminano il 7 giugno, con i volontari difensori che combattono strenuamente, nonostante la caduta di Vicenza il 10 giugno, impedendo alle truppe austriache di avanzare verso Rovereto. Vengono messe in luce le sfide affrontate dai difensori del Pian delle Fugazze durante il Risorgimento italiano del 1848, la disorganizzazione e i conflitti individuali. Sebbene sia preminente il ruolo di Arnaldo Fusinato, al quale verrà dedicato un monumento, nelle celebrazioni successive vengono trascurati altri leader che tuttavia affrontarono gravi difficoltà per combattere gli Austriaci. In appendice il saggio riporta una lista dei difensori del Pian delle Fugazze e della Vallarsa nel 1848.
San Prosdocimo a Pieve di Torrebelvicino tra arte e storia del diritto
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San Prosdocimo a Pieve di Torrebelvicino tra arte e storia del diritto
Il breve articolo introduce i due saggi che seguono nello stesso volume, che non rappresentano uno studio completo sulla figura storica di San Prosdocimo, ma si concentrano su tre punti:l’iconografia del santo a Pievebelvicino e nella Val Leogra, gli aspetti antropologici legati alla devozione locale e un episodio giudiziario austriaco a metà Ottocento in cui il santo è coinvolto.
Magli da ferro in Valleogra. Appunti storici in "Magli da ferro in Val Leogra: Santorso, San Vito di Leguzzano, Schio, Torrebelvicino, Valli del Pasubio. Il sistema-maglio. Tecnologia e appunti storici."
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Magli da ferro in Valleogra. Appunti storici in "Magli da ferro in Val Leogra: Santorso, San Vito di Leguzzano, Schio, Torrebelvicino, Valli del Pasubio. Il sistema-maglio. Tecnologia e appunti storici."
L’articolo, suddiviso in tre sezioni, nella prima parte vede l’autore affermare che non esiste una ricerca sui magli da ferro, in particolare su quelli presenti attorno al bacino del Leogra. Nel Vicentino la forza idraulica ha favorito la facinatura di strumenti e attrezzi. Vengono citate famiglie come i Benincà, gli Zanin e i Paulon, attive nelle officine. L’articolo si concentra sugli ultimi decenni del XIX e XX secolo, periodo di declino per le attività manifatturiere. Sono forniti dati acquisiti dal Catasto per ricostruire la storia dei magli. La seconda sezione presenta quindici schede informative su magli presenti lungo il Leogra. In Valli del Pasubio vengono nominati: maglio Fabris “Doíco”, maglio Letter “Pàsse”, maglio Fabris “Bastian”, maglio Maraschin, maglio Fabrello;in Torrebelvicino: magli di Ressalto, maglio Dal Bianco;a Poleo: maglio Dal Bianco e maglio Dal Bianco (Facci);a San Vito di Leguzzano maglio Zanin Fabris Grasselli;a Giavenale maglio di Giavenale;a Santorso maglio Tamburini-Brettoni-Grasselli e maglio di Benincà;al Tretto maglio Bravo Pernigotto e maglio Facci Bravo. Nell’ultima sezione si parla dei marchi dei majàri caratterizzati da essenzialità piuttosto che da estetica: oltre ad incisioni geometriche gli artigiani aggiungevano lettere dell’alfabeto o simboli come segno di orgoglio e garanzia sulla qualità. Talvolta il marchio poteva essere ereditato ma anche modificato.
Il ritorno dei Gerolimini a Santorso e sul Summano (1894-1933)
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Il ritorno dei Gerolimini a Santorso e sul Summano (1894-1933)
Gli eremiti Gerolimini hanno abitato il santuario di S. Maria sul monte Summano dal 1452 al 1775 e dal 1894 fino agli anni ‘60 del ‘900. Da un punto di vista culturale, la prima fase fu più viva della seconda. Nel periodo di abbandono, le rovine del monastero furono meta di pellegrinaggio, mentre il culto della Madonna si trasferì nei paesi sottostanti. Nel 1877 si ebbe il primo tentativo di ricostruire il santuario sulla montagna. In tale occasione, si celebrò una solenne messa tra i ruderi, che fu molto partecipata. Nel 1892 cominciarono effettivamente i lavori e nel 1894 l’edificio tornò ad ospitare alcuni frati Girolimini. Durante la Prima guerra mondiale, il santuario venne chiuso e adibito ad alloggio per le truppe fino alla sua riapertura, nel 1919. Dopo il conflitto, continua l’opera di restauro e di decorazione del convento. Nel 1933, per la carenza dei suoi membri, viene soppresso l’Ordine dei Gerolimini e i frati rimasti sul monte Summano vengono integrati nel clero secolare. Nel 1969 muore a Santorso l’ultimo degli ex Gerolimini, ma il santuario continua ad avere una posizione di spicco tra i luoghi di culto della zona.
Carte intestate e pubblicità di ditte del legno di area scledense
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Carte intestate e pubblicità di ditte del legno di area scledense
Le carte intestate di ditte del settore del legno, appartenenti all’area scledense, furono fino alla metà del Ventesimo Secolo, non solo uno strumento di comunicazione o di carattere amministrativo, come le fatture, ma anche un veicolo di promozione e pubblicità. I casi della ditta Pietribiasi e della Falegnameria Francesco Dalla Pozza di Schio, della Falegnameria Carlo Pasini di Malo, della Fabbrica Navette già Federle e C. di Tretto e Schio, della Carrozzeria Dalla Via di Schio documentano come, attraverso le proprie carte intestate, venissero pubblicizzati ad inizio Novecento i prodotti e i servizi offerti, i premi, le attestazioni e i riconoscimenti ricevuti. Ulteriori esempi riguardano la pubblicità su carta stampata. Lo studio illustra i casi scledensi della “Fabbrica stuzzicadenti Emilio Dal Prà”, della “Fabbrica sedie Lionello Brandini”, delle segherie Giovanni Peron e Antonio Santacatterina, nonché delle Officine Meccaniche Gregori che fabbricavano macchine per la lavorazione del legno. Quest’ultima impresa fu insignita della “Grande medaglia d’oro” all’Esposizione Nazionale delle Invenzioni di Torino, nel 1924.
Comunità Montana Leogra-Timonchio. Aspetti storico-giuridici e amministrativi
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Comunità Montana Leogra-Timonchio. Aspetti storico-giuridici e amministrativi
Lo studio ripercorre inizialmente la produzione legislativa che, a partire dal 1955 portò all’introduzione dei cosiddetti “Consigli di Valle” attraverso le successive integrazioni che condussero in seguito alla nascita delle Comunità Montane, attraverso leggi regionali emanate a partire dal 1973. Richiama quindi i passaggi costitutivi dell’Unione Montana Leogra Timonchio, con l’adozione di un proprio stemma, l’allargamento del proprio territorio con l’entrata di nuovi territori, e la definizione del piano di Sviluppo Socio-Economico 2007-2011.
La Grande Guerra a Magrè e dintorni nelle note di don Domenico Casalin
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La Grande Guerra a Magrè e dintorni nelle note di don Domenico Casalin
Don Domenico Casalin, dal 1902 fino al 1923, fu parroco di Magrè, comune indipendente fino al 1928, considerato “disfattista” per la sua matrice socialista contraria alla guerra. Il prelato ci ha lasciato una nutrita serie di appunti, una sorta di cronistoria, della Prima Guerra Mondiale. Note religiose su sacerdoti e funzioni del periodo bellico si alternano ai dati sulle truppe presenti a Magrè, ai resoconti sulle requisizioni di animali e legna a scapito di agricoltori e civili, con i disagi della popolazione per l’aumento dei prezzi degli alimenti. Vi si trovano poi puntuali resoconti dei morti, dei feriti e dei danni conseguenti ai bombardamenti e alle incursioni aeree, fino alle ripercussioni drammatiche della Strafexpedition e alle notizie che giungevano dal Piave e da Caporetto. Con dovizia di particolari vengono riferiti i due drammatici episodi, esecrati dalla popolazione, accaduti tra le truppe accampate tra Magrè e San Vito di Leguzzano: il primo culminato nella fucilazione degli artiglieri Adalberto Bonomo e Antonio Bianchi, il secondo, a San Vito, con la fucilazione di sette militari rei di aver partecipato ad una rivolta culminata con alcuni spari in aria. In appendice finale si elencano i profughi e i caduti della Parrocchia di Magrè.
Alle origini del mercato di Piovene
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Alle origini del mercato di Piovene
I mercati settimanali offrivano l'opportunità agli abitanti della zona di concludere buoni affari ma anche di incontrarsi. In seguito al crollo della Repubblica di Venezia venne istituito il primo mercato a Piovene che ebbe però vita brevissima a causa della scarsa viabilità. Quando questa iniziò a migliorare e il Veneto entrò a far parte dell’Impero Austriaco venne richiesto il ripristino, però fu commesso un errore nella richiesta che ritardò le trattative con il governo austriaco. Nonostante ciò tale progetto godette del consenso di numerosi paesi del circondario, dal momento che avrebbero goduto del vantaggio di risparmiare strada. Si giunse così al permesso di poter tenere un mercato nell’aprile del 1818 mentre l’inaugurazione effettiva si tenne il 2 settembre 1824 grazie all’aiuto dei possidenti piovenesi. I continui miglioramenti alla rete viaria locale, come la nuova strada del Costo, permisero lo sviluppo economico e la trasformazione sociale di Piovene tra ‘800 e ‘900, durante la quale molti iniziarono il lavoro come operai. Con l’avvento della prima guerra mondiale si assisté ad un’improvvisa sospensione delle attività economiche;al termine del conflitto venne avviata la ricostruzione delle iniziative produttive e commerciali tra cui il mercato, che vide una quantità sempre maggiore di venditori e acquirenti solamente negli anni successivi.
Biografia di Giuseppe Baice, garibaldino scledense
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Biografia di Giuseppe Baice, garibaldino scledense
Giuseppe Baice (1837-1867), magrediense di nascita ma discendente da progenitori originari della trentina Val di Terragnolo, fu un garibaldino. Aveva assimilato gli ideali patriottici probabilmente dal vicino di casa, Giovanni Maraschin, che custodiva la biblioteca dell’abate Pietro Maraschin, fucina di ideali unitari, dove si riunivano Alessandro Rossi, i fratelli Pasini, Michele Saccardo e Antonio Toaldi. Lo studio ricostruisce i tratti biografici di Baice che, già nel 1859, all’indomani dello scoppio della seconda Guerra d’Indipendenza si arruola nell’esercito piemontese come volontario, nel 45° Reggimento Fanteria. Viene congedato a fine dicembre per motivi di salute, ma l’anno successivo si imbarca a Quarto con i Mille di Giuseppe Garibaldi. In uno scritto autografo pervenutoci, ci descrive il viaggio fino allo sbarco di Marsala. Il 15 maggio 1860 combatte e si distingue a Calatafimi e il 23 luglio a Milazzo;poi, a settembre, al Volturno e a Capua. Viene quindi congedato ma il Veneto, ancora austriaco, gli preclude il rientro e inizia un difficile periodo da esule che peggiora la sua già precaria salute. In condizioni oramai critiche, rientra a Magré solo nel 1867, dove si spegne il 7 giugno. Nel 1878, il Comune di Magré appone una lapide commemorativa, sulla sua casa natale, in Via Riolo.
Scatti di storia, storia di scatti. La famiglia Savardo di Marano Vicentino
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Scatti di storia, storia di scatti. La famiglia Savardo di Marano Vicentino
La famiglia Savardo diviene nobile a seguito di un rapido arricchimento, favorito dal loro spirito d’iniziativa e dall’ attitudine all’innovazione. Conosciamo le loro vicende grazie alla grande raccolta epistolare e fotografica che le documenta. Molte testimonianze sono giunte a noi, specialmente riguardo ai fratelli Giulio Ricciotti e Filippo Dino e delle loro vite a cavallo tra il 1800 e il 1900. I fratelli studiano entrambi ingegneria, ma mentre Ricciotti gira il mondo per lavoro e per piacere, Dino rimane nel Vicentino, dove si occupa delle sue proprietà usufruendo delle innovazioni del secolo.Tentò ad esempio di costruire una centrale idroelettrica sul Leogra. E’ possibile inoltre ricostruire il ruolo dei Savardo nelle due Guerre Mondiali: durante la Grande Guerra, il figlio di RIcciotti, Pietro, divenne il più giovane ufficiale italiano, a seguito della battaglia di Montello;Dino fu podestà a Marano dal ‘18 al ‘32. La famiglia si estinse nel 1969 dopo la morte di Pietro.
Le scuole elementari di Malo tra fine Ottocento e primo ventennio del Novecento
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Le scuole elementari di Malo tra fine Ottocento e primo ventennio del Novecento
Si approfondisce la riforma del sistema scolastico dopo l’annessione del Veneto al Regno d’Italia. La legge Gabrio Casati del 1859, stabilisce che sia il comune ad occuparsi dell'istruzione elementare e dell'insegnamento religioso. Nel 1904 la legge Orlandi istituisce i corsi serali e festivi per adulti analfabeti;Malo non è soggetta alla Daneo-Credaro del 1911 e il Comune continua a gestire le scuole. Alessandro Rossi e Paolo Lioy, attivi nella realtà politico-sociale, si impegnano contro l’analfabetismo. Alcuni documenti d’archivio registrano le modifiche avvenute a Malo dal 1868, nelle scuole pubbliche e in quella privata. Le relazioni di fine anno danno un quadro generale del sistema scolastico e delle presenze, che variano e diventano addirittura sporadiche nel secondo periodo. Nel periodo della Grande Guerra, mentre gli scolari aumentano a causa dei bambini profughi, gli edifici scolastici vengono adibiti ad ospedali. Dei corsi per adulti non si ha notizia fino al 1919, quando risultano nuovamente attivi.
Corsi d'acqua superficiali nel Comune di Malo: Livergon, Bressana, Rana, Gadola, Proa
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Corsi d'acqua superficiali nel Comune di Malo: Livergon, Bressana, Rana, Gadola, Proa
Dopo un’iniziale analisi della genesi geomorfologica del territorio di Malo, lo studio indaga la rete idrografica locale, in particolare il torrente Livergón, di cui viene descritto il corso, la vita e le attività che lungo esso si svolgevano in passato. Da una cartografia del 1738, della quale sono evidenziati i puntuali riferimenti topografici, si desume il cambiamento del corso avvenuto nel 1496. Uno specifico approfondimento illustra i sette ponti che attraversano l’alveo del torrente: Ponte del Castello, Ponte degli Alpini, Ponte delle galline, Ponte di Valentino, Ponte del Montécio, Ponte delle Case e Ponte di San Tomio;prosegue poi con la descrizione degli argini, con l’analisi chimica e batteriologica delle acque e con un cenno all’acquedotto maladense del Castello, ultimato nel 1912. L’indagine idrografica dell’area prosegue poi con l’analisi del bacino del rio Bressana e del torrente Rana, affluente di destra del Livergón, con i mulini in esso attivi, e del torrente Proa, affluente di sinistra, anche attraverso la lettura di cartografie settecentesche. Una descrizione idrologica del territorio di fine Ottocento, che subì rilevanti ripercussioni a seguito della disastrosa alluvione del 1882, completa il lavoro.
"Abbasso la guerra. Vogliamo la pace". La rivolta dell'8° Reggimento fanteria di marcia e la fucilazione di sette soldati a San Vito di Leguzzano (6 agosto 1917)
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"Abbasso la guerra. Vogliamo la pace". La rivolta dell'8° Reggimento fanteria di marcia e la fucilazione di sette soldati a San Vito di Leguzzano (6 agosto 1917)
Nel crescente clima di opposizione popolare al proseguimento del primo conflitto mondiale, nell’estate del 1917 accadde a San Vito di Leguzzano una vicenda drammatica. La notte tra il 5 e 6 agosto, i soldati dell’8° Reggimento di Fanteria in marcia erano accampati vicino alla chiesa parrocchiale. Oramai stanchi del conflitto in corso da oltre due anni, all’ordine di ripartire per il fronte, insorsero. Si gridò “abbasso la guerra, vogliamo la pace” e si spararono alcuni colpi in aria. La conseguenza fu drammatica: sette militari furono sommariamente processati e fucilati. Grazie anche agli scritti del caporalmaggiore Angelo Savoldelli, testimone diretto, e dell’arciprete di San Vito don Antonio Cattelan il saggio ricostruisce i cruenti fatti e contribuisce a dare identità alle sette giovani vite spezzate, rimaste a lungo senza nome.
L'utilizzo delle acque a Valli del Pasubio nell'epoca dell'antico regime
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L'utilizzo delle acque a Valli del Pasubio nell'epoca dell'antico regime
L’articolo esplora l’utilizzo delle risorse idriche a Valli del Pasubio, in alta Val Leogra, mostrando il ruolo essenziale dell’acqua e dei canali artificiali in agricoltura: atti notarili vennero redatti in merito alla contesa di canali e rogge dai quali si evincono, ad esempio, precise turnazioni infrasettimanali per il loro utilizzo. Inoltre, la presenza di numerose polle e risorgive, oltre a facilitare l’abbeveraggio del bestiame, favoriva la coltivazione della canapa allora assai diffusa come testimoniano inventari e stime dotali . Nonostante l’irregolarità del Leogra che rendeva necessaria la costruzione di costosi sistemi di sbarramento, è chiaro da vari documenti notarili come in corso d’acqua fosse sfruttato per la fluitazione del legname, specialmente nella prima parte del Cinquecento. Un’ulteriore attività basata sulla forza motrice dell’acqua è quella molitoria, le cui restrizioni d’uso e dinamiche vengono discusse ampiamente. Vi è di seguito la menzione della Repubblica di Venezia, i cui corsi d’acqua divennero statali per il Provveditorato dei Beni Inculti. L’articolo si conclude citando e descrivendo i mulini presenti nelle diverse zone e nominando la Roggia di Schio e la contesa fra i Giordani e i Letter, tutte informazioni basate sui documenti dell’Archivio di Stato di Vicenza.
Le fabbriche di birra di Piovene Rocchette
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Le fabbriche di birra di Piovene Rocchette
Le fabbriche di birra di Piovene Rocchette vantano una storia ricca e affascinante. La prima fabbrica nasce ad opera di Pietro Rossi nel 1868, in Via dell’Ospizio, seguita da quella del farmacista Leopoldo Farinon, edificata nel 1876 lungo la strada che da Piovene porta a Velo d’Astico.L’ articolo descrive le vicende delle fabbriche che si intrecciano con la storia locale e dell’Alto Vicentino, dove hanno iniziato la loro avventura nell'arte della birrificazione. Nel corso degli anni, le aziende hanno conosciuto vari passaggi di proprietà ripercorsi dall’articolo.
Servizi di sanità a Schio durante la Grande Guerra
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Servizi di sanità a Schio durante la Grande Guerra
All’Ospedale Civile Baratto di Schio, dopo sei giorni dall’inizio del Primo Conflitto Mondiale, arrivano i primi feriti. Saranno decine di migliaia alla fine ad essere accolti e curati nelle diverse strutture sanitarie militari allestite nel centro scledense. Oltre al Baratto divenuto ben presto insufficiente, ospedali furono allestiti all’Istituto Salesiano, all’Istituto Canossiano, alle Scuole Tecniche al Castello, alle Scuole Maschili di Via Alessandro Rossi, al Villino Panciera e a Magrè. La ricerca ne ricostruisce e descrive le vicende nel periodo bellico, partendo da documenti dell’archivio della Croce Rossa, da diari e scritti dei testimoni diretti, come l’infermiera volontaria Bice De Munari, Elena di Francia duchessa d’Aosta, il chirurgo militare Roberto Agostinelli, il sindaco Italo Beltrame Pomé, il presidente della Congregazione di Carità Olinto Bolla, l’Arciprete di Schio Elia Dalla Costa, futuro cardinale di Firenze.
Un'indagine storica del mondo operaio scledense attraverso lo sciopero dei tessitori del 1873
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Un'indagine storica del mondo operaio scledense attraverso lo sciopero dei tessitori del 1873
Lo studio prende in esame la classe operaia scledense attraverso l’ottica del conflitto sociale verso la fine del XIX secolo. L’analisi delle dinamiche di protesta è condotta attraverso molteplici punti di vista: degli operai e della gente comune, degli imprenditori e delle autorità pubbliche. Si descrive la formazione della Schio operaia nel corso dell’Ottocento e l’affermarsi dell’industria laniera di A. Rossi.
Scorci di vita paesana in età napoleonica: Piovene nel 1810
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Scorci di vita paesana in età napoleonica: Piovene nel 1810
Il 26 maggio 1805 Napoleone Bonaparte viene incoronato re d’Italia. Il conseguente asservimento alla Francia determina sulla popolazione veneta un forte impatto. Dopo l’iniziale atteggiamento ostile culminato nell’insurrezione filoaustriaca del 1809, partita dai monti e dalle valli vicentine, la comunità di Piovene, aggregata con Carrè e Chiuppano, viene inquadrata nella nuova organizzazione territoriale governata dal Viceré Eugenio Beauharnais. La lettura dei documenti dell’archivio comunale del 1810, attraverso i provvedimenti dell’amministrazione del tempo, fa emergere i problemi legati al fenomeno del brigantaggio, alle questioni sanitarie specialmente connesse alla prevenzione del vaiolo e alle malattie del bestiame, alla coscrizione militare obbligatoria. Ma vi si testimoniano anche innovazioni profonde, con l’introduzione delle scuole elementari e del sistema metrico decimale, che sostituì le complesse misure precedentemente in uso. Il primo giugno 1810, in occasione del quinto anniversario dell’incoronazione e a seguito delle seconde nozze celebrate con la principessa austriaca Maria Luigia d’Asburgo, Napoleone fu celebrato con festeggiamenti anche a Piovene. La successiva campagna di Russia del 1812, cui dovette partecipare senza farvi ritorno anche il chiuppanese Antonio Rando, casse 1792, fu però l’inizio della fine. Nel 1813 gli austriaci calarono infatti in Veneto, facendo riemergere nella popolazione locale l’astio per le costrizioni subite, per i beni e le giovani vite sottratte dal governo e dalla municipalità filofrancese, negli anni di asservimento.
"Una granata sul mio giaciglio...". Le pagine inedite del diario di un combattente bergamasco nel Vicentino.
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"Una granata sul mio giaciglio...". Le pagine inedite del diario di un combattente bergamasco nel Vicentino.
Nato nel 1897 a Leffe, nella bergamasca, Giuseppe Beltrami a 87 anni scrive un singolare diario di guerra, oggi conservato dalla nipote Maria Elisa Villa. Episodi di vita militare del primo conflitto mondiale, spesso cruenti e drammatici, scorrono nel suo racconto, sullo sfondo delle diverse località del fronte: Ala - in Trentino - Castana, Arsiero, Piovene Rocchette, Monte Grappa - nel Vicentino -, Crespano e Paderno del Grappa - nel Trevigiano - e infine la Valcamonica. Congedato nel 1920, dopo aver vissuto orrori e lutti, l’alpino trombettista bergamasco rientra a casa e riprende la sua attività di venditore ambulante di stoffe e coperte.
Torrebelvicino 1847. San Prosdocimo il mitico evangelizzatore della Val Leogra, protagonista di un processo austriaco di metà Ottocento
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Torrebelvicino 1847. San Prosdocimo il mitico evangelizzatore della Val Leogra, protagonista di un processo austriaco di metà Ottocento
Il testo inizia col processo penale del XIX secolo contro Giuseppe Beccaro di Pievebelvicino, che offre una preziosa finestra sulla vita sociale e giudiziaria dell'epoca grazie ai documenti dell'Archivio di Stato di Vicenza. Il processo riguarda l'offesa ai simboli religiosi nella chiesa locale da parte di Beccaro, che aveva esposto idee irreligiose e bestemmie. Questo caso permette di analizzare le dinamiche della comunità, l'attenzione della Chiesa ai mutamenti culturali dovuti all'industrializzazione e il ruolo dell'autorità ecclesiastica. Le testimonianze rivelano dettagli sulla vita quotidiana, i cambiamenti sociali e l'industrializzazione dell'Alto Vicentino. L'offesa si svolse nell'atrio della chiesa di Pieve, dove era presente un affresco di San Prosdocimo, figura di devozione locale. Il processo mette in evidenza anche le novità della giustizia austriaca dell'epoca, come la partecipazione dell'avvocato difensore e le disposizioni giuridiche introdotte durante i tumultuosi eventi del 1848.
Filatura e Tessitura domestiche tra San Vito di Leguzzano e Malo
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Filatura e Tessitura domestiche tra San Vito di Leguzzano e Malo
Dopo alcune informazioni sulla coltivazione e sul processo di produzione del filato di canapa, il saggio si sofferma sulla produzione dei tessitori di San Vito tra fine Settecento e Ottocento, riportando dati relativi alle famiglie dedite all’attività tessile e alle attrezzature.Basandosi sui dati ricavati dagli inventari si ricostruiscono le fasi di lavorazione dei filati e dei tessuti.Da ultimo l’articolo si sofferma sulla manifattura dei fratelli Vitella di Malo, la cui attività durò fino agli anni Venti del Novecento.
Momenti d'industrializzazione nel territorio di Torrebelvicino prima dell'energia elettrica. Il ruolo dell'acqua con la sua pura forza meccanica
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Momenti d'industrializzazione nel territorio di Torrebelvicino prima dell'energia elettrica. Il ruolo dell'acqua con la sua pura forza meccanica
Si descrive lo sviluppo industriale della zona di Pievebelvicino, Schio e Torrebelvicino dal XII secolo ai giorni nostri, realizzato grazie allo sfruttamento della forza meccanica dell’acqua. Vengono trattati lo sviluppo di attività molatorie, lavorazione dei tessuti, mulini, magli, segherie e fucine dal XII al XVI sec., principalmente lungo il corso della Roggia Maestra dove era possibile produrre energia grazie alla caduta dell’acqua ricavata dal Leogra. Si prosegue con l'esposizione della prima mappa del percorso della Roggia Maestra con annesse attività produttive, cartiera inclusa (1737). Segue parte sull’utilizzo di caldaie a vapore e di turbine per le attività più lontane dalla Roggia. Si continua con l’operato di Alessandro Rossi e lo spostamento di alcune attività dalla Fabbrica Alta a Piovene per utilizzare i salti d’acqua presenti sull’Astico. Infine si tratta dell’installazione della prima fune teledinamica ove prima sorgeva la cartiera di Pievebelvicino. Si conclude con lo smantellamento di tali funi a favore dell’elettricità.
Guerra e prigionia 1915-1917. Il diario del fante Vittorio Toniolo
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Guerra e prigionia 1915-1917. Il diario del fante Vittorio Toniolo
Vittorio Toniolo, classe 1988, di Meda di Velo d'Astico, fu fante nella Prima Guerra Mondiale. Cadde prigioniero degli austroungarici il 18 maggio 1916 e rimase in prigionia fino alla fine del conflitto. Scrisse al rientro un preciso e puntuale diario della sua esperienza. La ricerca restituisce la trascrizione inedita dei suoi scritti: una cronistoria puntuale con luoghi, persone, eventi e la descrizione delle condizioni di vita al fronte e nel successivo periodo di prigionia, durante il quale fu per lui importante la conoscenza della lingua tedesca, appresa nel corso della sua professione di operaio nei birrifici piovenesi, a contatto con i mastri birrai bavaresi.
I Fornasa Priari, una Famiglia di Scalpellini di San Vito di Leguzzano
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I Fornasa Priari, una Famiglia di Scalpellini di San Vito di Leguzzano
Viene narrata la storia dei Fornasa, una famiglia di scalpellini di San Vito di Leguzzano che, nella metà dell’Ottocento, si è distinta nel campo della trasformazione della pietra.
Estate 1943. I fatti del 25 luglio e dell'8 settembre a Schio
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Estate 1943. I fatti del 25 luglio e dell'8 settembre a Schio
Dopo la deposizione di Mussolini, Pietro Badoglio, a capo del nuovo Governo, firma la resa agli Alleati l’8 settembre 1943. La notte successiva, tra il 9 e il 10 settembre, le truppe tedesche assaltano la Caserma Cella di Schio, sede di un battaglione del 57° Reggimento fanteria. Per la popolazione scledense, che il 26 luglio aveva festeggiato la fine della dittatura fascista, è un’amara disillusione. Attraverso numerosi scritti e documenti lasciati dai diretti testimoni, il saggio ricostruisce il clima della città scledense nei giorni precedenti l’annuncio dell’armistizio, il caos generato dall’insipienza dei vertici militari e politici italiani, i primi approcci alla costituzione della resistenza armata e la reazione tedesca, attuata da truppe reduci dal fronte russo. Nel vicentino, ad alcuni timidi tentativi di contrastare i tedeschi segue una rapida e generalizzata resa con la consegna delle armi e la deportazione. È l’operazione “Achse”, in realtà da tempo pianificata da Hitler. Le truppe corazzate del 132° attaccano Schio, nella notte tra il 9 e 10 settembre 1943. Viene assaltata la Caserma Cella, dove erano rimaste 1200 reclute, senza ufficiali e mal armate. I sopravvissuti Bruno Badiello, Goffredo Conte e lo scledense Guido Beccaro riscostruiscono gli eventi dello scontro. La battaglia dura fino alle 3 e 30. Alla fine, 12 soldati rimangono a terra. Quattro sono i morti italiani. Anche gli altri presìdi militari della città, tra cui la Stazione Ferroviaria, le Scuole Marconi, la Caserma di Via Porta di Sotto, la postazione antiaerea del Castello di Magrè, nella mattina seguente sono disarmati. Approfittando del favore della popolazione scledense, qualche militare italiano riesce a sfuggire alla cattura. Il 10 settembre, Schio si ritrova così occupata dalle truppe tedesche, mentre nella Caserma Cella vengono concentrati i militari italiani. Prima della deportazione finale, grazie a solidarietà e alla generosità della popolazione che scende in piazza e giunge anche a fermare la colonna dei deportati, un numero non trascurabile di militari italiani riesce a fuggire. Diverso trattamento è riservato invece al comandate della Cella, il Maggiore Jeri, coperto dalle critiche e dagli insulti dalla gente.
I fratelli Pasini e la rivoluzione veneziana (1848-1849)
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I fratelli Pasini e la rivoluzione veneziana (1848-1849)
Lo studio approfondisce la biografia e la personalità dei fratelli scledensi Lodovico e Valentino Pasini, annoverati tra le più significative figure del nostro risorgimento. Gli stessi socialisti vicentini ne tributarono pubblicamente il valore, in occasione dell’inaugurazione del monumento a loro dedicato, nel 1906. Lodovico fu valente geologo, allievo dell’abate Pietro Maraschin. Valentino, di formazione classica, fu avvocato, economista e accademico olimpico, ma si occupò anche di agricoltura, promuovendone il rinnovamento e la crescita. Entrambi furono membri dell’Istituto Veneto di scienze, lettere ed arti. Abbracciati gli ideali risorgimentali, già nella sollevazione popolare del 1848 furono protagonisti con ruoli di primo piano: Lodovico nella Venezia insorta di Daniele Manin, Valentino dapprima nell’insurrezione di Vicenza e poi, a sua volta, in missioni diplomatiche estere, a Parigi, Londra e Vienna, per conto della stessa Venezia, fino al suo drammatico epilogo del 1949. Entrambi subirono pesanti ripercussioni dagli Austriaci. Lodovico, progressivamente estromesso da tutte le cariche, fu confinato a Schio. Pienamente riabilitato solo dopo il 1866, divenne, due anni dopo, Ministro del Governo Menabrea. Valentino, invece, fu costretto dapprima a lasciare il Veneto, rientrandovi solo qualche anno dopo sottoposto a pesanti restrizioni personali e familiari. Chiamato a sé da Cavour ed eletto deputato nel parlamento piemontese del 1860, partecipò alla proclamazione del Regno d’Italia nel 1861. Tre anni dopo, si spegneva a Torino, a cinquantotto anni.
La "Zona Sacra Monumentale" sul Monte Pasubio
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La "Zona Sacra Monumentale" sul Monte Pasubio
Nel 1922, l'area apicale del Monte Pasubio, teatro di drammatiche vicende belliche nel corso della Prima Guerra Mondiale, viene dichiarata Zona Sacra Monumentale. Il contributo storico, riportando il testo del provvedimento che stabilì i confini della zona, ripercorre i principali eventi bellici nell'arco temporale compreso tra il 1916 e il 1918 e le fasi che portarono successivamente, negli anni Venti, alla costruzione dell'Ossario sul Colle di Bellavista e dell'Arco Romano a Settecroci, ad imperituro ricordo dei caduti del Monte Pasubio.
Sul maglio a stanga a testa d'asino in "Magli da ferro in Valleogra: Santorso, San Vito di Leguzzano, Schio, Torrebelvicino, Valli del Pasubio. Il sistema-maglio. Tecnologia e appunti storici"
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Sul maglio a stanga a testa d'asino in "Magli da ferro in Valleogra: Santorso, San Vito di Leguzzano, Schio, Torrebelvicino, Valli del Pasubio. Il sistema-maglio. Tecnologia e appunti storici"
Il maglio a “stanga a testa d’asino” era la tecnologia, alimentata dalla forza motrice dell’acqua, storicamente più diffusa nelle fucine dell’alto vicentino che lavoravano il ferro e il rame. Movendo da un’indagine svolta su oltre trenta magli del vicentino, lo studio ne illustra le caratteristiche, ripercorre le origini dei mulini a partire dal XII secolo, le diverse funzioni, la trasformazione in magli a partire dal XVI secolo, resa possibile grazie alla disponibilità di minerali proveniente dalle colline tra S. Quirico e il Tretto. Si passa quindi all’illustrazione delle diverse tipologie di magli, delle modalità di sfruttamento della forza motrice attraverso canalizzazioni dei corsi d’acqua, del funzionamento delle ruote idrauliche e della “botte per l’aria” e infine della macchina del maglio e delle sue componenti. L’elemento oscillante, una sorta di grande martello, terminava con la cosiddetta testa, caratteristica di ciascun maglio. La frequenza dei colpi (battute) poteva essere regolata grazie alla “stanga”. C’erano poi gli elementi fissi, tra i quali l’incudine. In conclusione, un breve cenno ai prodotti del maglio: parti di carri e macchine agricole, attrezzi per i lavori di artigiani, contadini e boscaioli e muratori, chiodi e ferramenta, componenti per l’edilizia. Una tabella finale riporta caratteristiche e materiali dei singoli magli e i riferimenti delle persone intervistate nell’ambito dell’indagine.
L'archivio del Consorzio Roggia di Schio, Marano e Rio dei Molini
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L'archivio del Consorzio Roggia di Schio, Marano e Rio dei Molini
Il disciolto Consorzio Roggia di Schio Marano e Rio dei Molini gestì l’utilizzo dell’acqua per scopi irrigui, produttivi e civili, dalla sua costituzione, nel 1864, fino alla soppressione avvenuta nel 1983. L’archivio storico dell’ente, che custodiva documenti prodotti fino al 1933-1934, fu trasferito presso la Biblioteca civica di Schio. Lo studio ripercorre la genesi e l’evoluzione dell’ente, che nel periodo più recente assunse competenze ristrette quasi esclusivamente all’irrigazione agricola, e pubblica puntualmente l’inventario d’archivio articolato in 91 unità. Un breve paragrafo finale è riservato ai documenti consegnati, dopo la soppressione del Consorzio, da Franco Rossi che fu l’ultimo ingegnere consortile.
La "Fabbrica della cioccolata" a Santorso
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La "Fabbrica della cioccolata" a Santorso
Nel 1890 a Schio i fratelli Fongaro diedero inizio alla fabbricazione del cioccolato per il commercio all’ingrosso. Nel 1901 Giuseppe Saccardo rileva la gestione aziendale. L’eccellente qualità e la bontà dei prodotti portarono nel 1911 alla registrazione del marchio e al trasferimento della sede a Santorso . Nel 1919 termina il sodalizio con i fratelli Fongaro che ripresero l’attività nella sede di Schio. La produzione della cioccolata era dunque un’importante attività per l’economia scledense:oltre a diverse qualità di cioccolato la fabbrica preparava anche confetture e caramelle. I suoi prodotti, conosciuti in tutta Italia per la loro bontà e la modicità dei prezzi, venivano realizzati attraverso varie fasi di lavorazione. E’ stata per anni un’importantissima risorsa economica che garantì lavoro e benessere a numerose famiglie di Santorso. La fabbrica pubblicizzava i suoi prodotti ricorrendo a rappresentanti, partecipando a fiere campionarie e promuovendo concorsi. Dagli anni ‘50 del ‘900 si assiste al declino e in seguito al fallimento della Società del Cioccolato Dolomiti, a causa forse di una gestione poco accorta.
L'architetto della Val Leogra: Ferruccio Chemello (1863-1943)
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L'architetto della Val Leogra: Ferruccio Chemello (1863-1943)
L’articolo ripercorre le tappe della carriera dell’architetto Ferruccio Chemello, concentrandosi su quei progetti che riguardano la zona del Vicentino e della Val Leogra. Chemello, con il titolo di architetto ingegnere, prima di intraprendere la libera professione, lavorò nello studio di Carlo e Giovanni Letter a Schio. Al Pian delle Fugazze progettò insieme a Giovanni Letter l’Albergo Dolomiti, primo grande albergo alpino del Veneto in stile “Liberty montano” e l’Oratorio di San Marco. Fu molto richiesto nell’ambito dell’edilizia sacra, e fu architetto ufficiale della curia di Vicenza con il vescovo Rodolfi. Si occupò anche di edilizia civile, per esempio progettò la villa di Dal Brun, il Teatro Civico di Schio e alcune scuole elementari. Inoltre, si occupò anche della realizzazione di cimiteri e monumenti ai caduti della prima guerra mondiale. Suo è il progetto dell’Ossario del Pasubio, anche se nella fase finale dei lavori lasciò il cantiere per alcuni contrasti con l’arch. Chevalley.
Partivano da Torrebelvicino le ferrovie della Val Leogra
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Partivano da Torrebelvicino le ferrovie della Val Leogra
Fin dall'estate del 1882, il Comune di Torrebelvicino ricevette una richiesta di contribuire al finanziamento per la costruzione di un tronco ferroviario Schio-Pievebelvicino-Torrebelvicino. Il progetto fu accettato dal Consiglio comunale, ma il contributo fu respinto per problemi di bilancio. Nonostante le difficoltà, l'ingegnere G.B. Saccardo portò avanti il progetto con l'impulso della "Società Veneta" e di A. Rossi, e la ferrovia fu inaugurata nel marzo 1885. La linea attraversava Schio e Torrebelvicino, collegando le due località, ed ebbe un ruolo chiave nello sviluppo industriale e nel miglioramento delle comunicazioni nella zona, oltre che nel facilitare lo spostamento delle persone. L’articolo illustra quindi il progetto della ferrovia Torrebelvicino-Valli dei Signori-Recoaro, che tuttavia si ferma alla fase di studio iniziale. Infine l’articolo descrive il progetto di Olinto De Pretto di una ferrovia Schio-Rovereto attraverso la Val Leogra e la Vallarsa, anch’esso rimasto allo stato di ideazione.
Il Caolino nella Val dei Mercanti di Torrebelvicino
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Il Caolino nella Val dei Mercanti di Torrebelvicino
In questo articolo si parla dell’estrazione del caolino nella Valle dei Mercanti di Torrebelvicino. Dopo un breve excursus sull’orografia e idrografia del territorio, vengono descritte alcune caratteristiche di questo materiale quali la sua composizione, origine, luoghi in cui può essere trovato e diversi metodi di estrazione. Viene, inoltre, ripercorsa brevemente la storia del suo utilizzo nel territorio (concentrandosi principalmente sui lavori eseguiti nella Concessione “Riolo” e in quella “Casarotti”) e le diverse innovazioni che sono state apportate nel corso del tempo. Gli autori concludono con alcune testimonianze da parte di persone che da bambini o ragazzi avevano vissuto intorno o nelle miniere della valle per il lavoro dei genitori e con alcune riflessioni sul valore sociale della cava, oltre che sui pericoli che questa comporta.
Le Pietre, le Cave, gli Scalpellini di Piovene Rocchette
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Le Pietre, le Cave, gli Scalpellini di Piovene Rocchette
Non è noto come sia nata l’arte di lavorare la pietra a Piovene. La presenza di cave è concentrata dove il monte Summano incontra la pianura e la roccia è di origine sedimentaria risalente al Giurassico ed è definita dai geologi Calcari Grigi di Noriglio. Il Maccà di Piovene descrive varie cave, alcune di pietra bianca candida, altre di pietra rossiccia, cave che “tengono occupati diversi uomini e mantengono diverse famiglie” . Il lavoro nelle cave era molto duro, soprattutto perché basato esclusivamente sulla forza degli uomini che dovevano ricavare dalla parete di roccia il blocco di pietra da lavorare attraverso delle tecniche particolari. Una volta estratti, i blocchi di pietra venivano trasportati facendoli rotolare su rulli e poi venduti grezzi oppure lavorati e venduti raffinati. Nell’ultimo paragrafo, l’articolo si sofferma sulle famiglie di Piovene che hanno contribuito nel creare la storia del paese e delle sue cave.
Piovenesi D. O. C. contro forestieri nel '700
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Piovenesi D. O. C. contro forestieri nel '700
Si ricostruiscono, attraverso suppliche, istanze, atti notarili, le ostilità intercorse tra famiglie originarie e forestieri del comune di Piovene nel ‘700. Molti accordi raggiunti ufficialmente venivano poi ignorati o parzialmente disattesi. Vengono riportate alcune sanzioni riguardanti i forestieri e la legge che stabiliva che dopo 10 anni dovessero essere considerati aggregati. Si riporta il contenuto di documenti del Settecento che attestano i tentativi degli aggregati di difendersi e condannare i soprusi degli originari proprietari terrieri, che li escludevano da alcuni diritti. Si ipotizza poi una suddivisione delle famiglie in forestieri (Bragiola, Dal Pra, Marioni, Rosa, Rudella, Toniolo, etc.) e originari (Barbieri, Castelli, De Pretto, Gasparini, Lievore, Panozzo, Pizzati, etc.). A tali questioni parteciparono anche nobili, quali i Thiene, i Piovene, i Capra e altri. Infine si elencano gli eventi delle elezioni comunali del 1772, le cui irregolarità furono poi denunciate alla Serenissima.
Arnaldo Fusinato, da Schio verso l'Italia
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Arnaldo Fusinato, da Schio verso l'Italia
Romanticismo italiano e Risorgimento hanno spesso intrecciato i destini dei propri protagonisti. Lo studio, incentrato sulla figura di Arnaldo Fusinato (1817-1888), pone alternativamente l’attenzione sulla dimensione di letterato e patriota dell’illustre scledense. Nell’ambiento padovano, durante il periodo universitario, coltiva sia gli ideali unitari, sia la dimensione letteraria, collaborando ai giornali “L’Euganeo” e “Il caffè Pedrocchi”. Dopo alterne vicende, conseguenti anche ad un tragico evento accaduto con i militari austriaci, consegue la laurea. Rientrato a Schio, città dove l’illuminista e massone Marziale Reghellini aveva fondato una loggia massonica, frequenta assieme ad Alessandro Rossi e Lodovico Pasini la biblioteca di Giovanni Maraschin. Nel 1847, declama pubblicamente versi apertamente antiaustriaci in occasione di un viaggio a Vienna. Subisce un mandato d’arresto che però giunge a Schio solo dopo che l’insurrezione del 1848 è iniziata. Col fratello Clemente, Fusinato costituisce il Corpo Franco di Schio, con 200 volontari del distretto, e partecipa alle battaglie di Sorio e di Pian delle Fugazze e infine alla difesa della città insorta di Vicenza. I fratelli continuano la lotta anche durante il successivo esilio. Arnaldo nel 1949 è a Venezia, stretta d’assedio. Sposa Anna Colonna e scrive i celebri versi de “Le ultime ore di Venezia”. Rientrato a Schio, prematuramente perde la moglie Anna e qualche anno dopo, anche il padre. Da Castelfranco Veneto, dove si trasferisce e sposa in seconde nozze Ermina Fuà, tiene i collegamenti con i cospiratori veneti. Visse gli ultimi anni tra Firenze e Roma, dove ora riposa, con la moglie, al cimitero monumentale del Verano tra coloro che lottarono per l’Italia unita.
Il lungo viaggio del pane
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Il lungo viaggio del pane
Il saggio rappresenta il lavoro di studenti del liceo classico che, sotto la guida delle docenti G. De Finis e M. Migliavacca, approfondiscono sotto diversi aspetti il tema del pane, elaborando un percorso storico che comprende aspetti archeologici, linguistici, letterari e più in generale culturali, dal Neolitico fino all’antichità greca e romana. Alla trattazione del pane nel mondo dell’antichità classica si alterna l’indagine sulla realtà culturale e materiale scledense. Si fa riferimento ai ritrovamenti di alimenti tra cui dei piccoli pani combusti nella necropoli vicina al castrum romano, in località Cabrelle nei pressi di Schio. Quindi si descrive il processo di panificazione nell’epoca preindustriale, i tipi di pane prodotti dai panifici in Schio e quelli attualmente più diffusi. Infine si entra nella saggezza popolare passando in rassegna alcuni proverbi che fanno riferimento al pane come protagonista.
La cartiera di Pievebelvicino e il "cartaio" Rossi Sen. Alessandro.
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La cartiera di Pievebelvicino e il "cartaio" Rossi Sen. Alessandro.
Le acque della Val Leogra, sin dal XII secolo furono utilizzate oltre che per fini irrigui, anche in varie attività manifatturiere;la produzione locale di carta favorì nel 1474 la stampa dei primi libri a caratteri mobili per iniziativa di Leonhard Acate da Basilea e di Johannes de Reno. Pievebelvicino ospitò la prima cartiera in un edificio che nei secoli successivi verrà progressivamente integrato in altri, tra cui il Lanificio Rossi, poi Marzotto. Lo studio indaga sui documenti che testimoniano le vicende dell’edificio e dell’attività che ospitò, anche in relazione ad altre analoghe cartiere operanti nei territori alto vicentini contermini (Schio, Arsiero), nonché sulle figure imprenditoriali che ne furono titolari. Un approfondimento specifico viene riservato al senatore Alessandro Rossi, nell’inedita veste di imprenditore “cartaio”, e a Gaetano Longo, capostipite dei tipografi scledensi, oltre che alle tecniche e alle macchine utilizzate, nel tempo, per la produzione di carta.
Scritture popolari di guerra. Analisi della testimonianza di un soldato semplice di stanza sul Monte Summano.
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Scritture popolari di guerra. Analisi della testimonianza di un soldato semplice di stanza sul Monte Summano.
Il contributo pone in evidenza l’importanza delle scritture popolari, epistolari, diari e memoriali, nella conoscenza degli eventi bellici del Prima Guerra Mondiale. Pur nei limiti imposti dalla censura militare e dal diffuso analfabetismo delle truppe, i documenti, oggi in buona parte disponibili in rete, restituiscono l’immagine del conflitto vissuto dai reali protagonisti. Il soldato piemontese Giovanni Bertotti, di stanza sul Monte Summano, scrive a Don Gaudenzio Manuelli, arciprete di Fara Novarese, il 2 settembre 1916. Nel testo della lettera, riportato integralmente, il militare descrive la sua situazione, la vita al fronte, i luoghi circostanti, la visita avvenuta tre giorni prima di Amedeo di Savoia Duca d’Aosta, al tempo non ancora diciottenne.
Tra sirene di guerra e campanelle di scuola. Piovene Rocchette nel biennio 1943-1945
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Tra sirene di guerra e campanelle di scuola. Piovene Rocchette nel biennio 1943-1945
Domenica 25 luglio 1943, mentre il Duce destituito dal Re viene arrestato, a Piovene Rocchette si rinnova il voto alla Madonna dell’Angelo per la liberazione dalla peste del 1631. Lo studio ricostruisce il clima che caratterizzò la comunità piovenese a partire dai giorni successive a quella domenica del ‘43, fino alla liberazione dell’aprile del 1945. Propone alcuni episodi tratti da testimonianze dirette e documenti del tempo, desunti dall’archivio delle Scuole Elementari, a partire dai cambiamenti che avvennero nell’anno scolastico 1943-1944, quando le lezioni iniziarono a novembre a causa dell’occupazione tedesca. Le conseguenze della guerra si fecero via via più pesanti, con l’inizio dei bombardamenti aerei e l’incubo delle sirene, che suonarono 412 volte prima della fine del conflitto. Vengono inoltre ricostruiti alcuni episodi del periodo bellico, riletti attraverso gli scritti di insegnanti e degli alunni, fino alla definitiva liberazione del 1945 sancita dall’arrivo dei carri armati britannici, di fronte alle Scuole elementari.
Dal moràro, al cavaliére, alla galéta e alla seta di Malo
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Dal moràro, al cavaliére, alla galéta e alla seta di Malo
Il processo attraverso il quale si ottiene la pregiata seta di Malo è molto complesso e interessante. Nell’articolo viene descritto nei dettagli, in particolar modo i passaggi attraverso cui all’inizio del 1900 si riusciva ad ottenere un prodotto di così alta qualità. Nell’articolo si fa un approfondimento sui bachi da seta, analizzando come riescono a produrre la seta attraverso il loro organismo, ma nella seconda parte del testo si evidenziano invece le mansioni e le condizioni lavorative delle filandiere, che erano costrette a lavorare a ritmi insostenibili. Infine si presenta il Museo dell'Arte Serica di Palazzo Corielli in Malo.
Devozione popolare in Valleogra
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Devozione popolare in Valleogra
L'articolo è diviso in due sezioni. La prima narra la leggenda della Chiesa di Valli. Secoli fa gli abitanti del villaggio Vallevogra, volendo costruire un’unica chiesa per i paesani al di qua e al di là del fiume, concordata la posizione, cominciarono i lavori. Un carpentiere si ferì con una scheggia di legno e avvenne un miracolo: una colomba la raccolse e la depose poco lontano. Gli abitanti, credendo che il miracolo fosse un segno della Vergine Maria delle Valli, costruirono in quel luogo la chiesa. La seconda sezione, chiamata fede e miracoli, narra della devozione per l'immagine della Madonna della Val Leogra, raccontando i momenti storici in cui questa fu esposta e dei miracoli che seguirono, come la crescita delle piantagioni dopo un inverno molto rigido.
Per una storia delle acque minerali a Valli del Pasubio. Alle origini della concessione alle "Acque Staro" della sorgente "Fonti Dolomiti"
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Per una storia delle acque minerali a Valli del Pasubio. Alle origini della concessione alle "Acque Staro" della sorgente "Fonti Dolomiti"
L’articolo ricostruisce la storia della società Norda, a Valli del Pasubio, ed il passaggio da “Fonti Dolomiti” a “Fonti Staro”. Viene inoltre descritto lo studio di campioni d’acqua sottoposti a un esame chimico e batteriologico del quale vengono presentati i risultati e si delimita il campo d’azione;vengono anche presentati i risultati di una sperimentazione clinico-terapeutica dalla quale si deduce l’efficacia dell’acqua minerale di Staro, che viene descritta come medio-minerale e con attività terapeutiche.
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